La Ruta del Carrilet I è forse il percorso in bicicletta più bello che ho fatto da quando vivo in Catalogna.
In verità le opzioni sono tante, dato che tutta la zona che va da Barcellona a nord fino al Ripolles o la Garrotxa ha un milione di itinerari. Molti di questi sono conosciuti come vía verde, seguono antiche linee ferroviarie ormai in disuso e si possono fare sia a piedi che in bicicletta.
Quando si tratta di lunghe distanze, vado quasi sempre in bicicletta, acquistata al Carrefour alla modica cifra di 89 euro.
Per la ruta del Carrilet si è deciso di prendere un bus della Teisa da Barcellona a Olot e poi cominciare da lì la nostra traversata con destinazione Girona. Prendiamo il bus a Carrer Pau Claris, dove nel riporre la bici nel bagagliaio del bus, lancio tutto il mio caffellatte a terra, sul mio cappotto, sull’unica felpa che ho portato. Mio malgrado, non posso incolpare Panos, dato che era a 10 metri da me. Cominciamo male.
Arriviamo a Olot alle 12.20. Sono già stata 2 volte a Olot, quindi non mi fermo troppo nella città, anche perchè non è indimenticabile. Nel caso veniate qui però, andate a vedere i vulcani.
Ci mettiamo già in marcia, ma dopo 30 secondi esatti cado dalla bici.
Il mio dito già bruciato dal forno inizia a sanguinare, le mie gambe sono doloranti, inizio a piagnucolare a caso. Panos aspetta che finisco la mia scenetta, io gli chiedo come potesse essere certo che non mi fossi rotta un braccio, lui dice che quella non è la faccia di chi si è rotto un braccio, segue discussione di dieci minuti su come sia la faccia di chi si è rotto un braccio.
Continuiamo, seguendo questi cartelli:
Questi cartelli ci accompagneranno per tutto il viaggio, scandendo la nostra traversata anche a 500 metri l’uno dall’altro. In tutto il viaggio, e fino alla costa (tipo 120 km), c’è un passaggio ciclabile e indicazioni chiarissime su dove andare. Pensiamo ai nostri avanzatissimi paesi natali (Italia – Grecia), dove a stento trovi un cartello per andare in centro città. Ci ricordiamo perchè viviamo a Barcellona.
Il paesaggio è bellissimo. Ci sentiamo liberi mentre sfrecciamo nella natura e ci sentiamo fortunati perchè non piove. In teoria avremmo dovuto andarci da sabato a domenica ma abbiamo spostato al giorno dopo per il maltempo. Se già di sabato non ci sarebbe stata molta gente, di domenica-lunedì eravamo veramente da soli.
Dopo poco più di 20 chilometri, arriviamo alla nostra prima destinazione, Sant Feliu de Pallarolls.
Il paesino è carino, è immerso nella natura. Un po’ triste forse. Come al solito attraverso una prima fase in cui voglio vivere lì (15 minuti circa), a cui segue una seconda fase in cui penso che mi taglierei le vene (1 oretta), poi una fase in cui vorrei andarmene subito (5 minuti), a cui segue una finale decisione che qualche giorno potrei restarci (fino alla fine della nostra permanenza diciamo).
Ci fermiamo a dormire lì in un hotel carino chiamato Fonda Finet, dove guarda caso eravamo da soli. Dopo una siesta di sole 2 ore, usciamo a fare una passeggiata in paese, pronti a lanciarci nella nightlife dopo una lauta cena in uno dei ristoranti gourmet del posto. Dopo una birra nel bar della piazza, tale El Firal, in compagnia di 3 vecchietti che guardano la partita, scopriamo però che i BEN due ristoranti del paese erano chiusi. Sebbene avessimo detto spocchiosi alla cameriera del bar di prima che avremmo cenato altrove, rientriamo a capo chino nel Firal riaccettando quel churrasco che ci era stato proposto.
Alcuni bicchieri di vino dopo, ci ritroviamo a letto.
Ci svegliamo il giorno dopo, spazzoliamo via tutta la colazione e usciamo carichi di energie, dato che oggi ci aspetta qualcosa come 50 km. Io sono altamente titubante di potercela fare mai, sottobanco comincio a cercare numeri di taxi che mi possano soccorrere lungo il tragitto.
Il nostro primo obiettivo è la cascata di Cogolls, la gorg de Molì de Murris. Il proprietario dell’hotel ci aveva chiesto se eravamo abbastanza allenati per farlo dato che era tutto in salita e io mi ero già immaginata di nuovo a terra.
Sorprendentemente ce l’ho fatta, con pochissime imprecazioni e barando solo in un paio di occasioni quando sono scesa dalla bicicletta e me la sono portata a mano.
Dopo una serie di video in slow-motion dell’acqua che cadeva abbiamo ripreso il cammino fino alla seconda cascata che volevamo vedere, la Gorg de la Mola. È una grande distesa d’acqua dove mi sarei lanciata volentieri perchè ormai stavo prendendo fuoco.
Per finire con le cascate siamo andati a quella di Santa Margarida. Per arrivarci abbiamo dovuto superare i seguenti ostacoli:
- la strada era lunga e complicata
- abbiamo dovuto passare un fiumiciattolo (la mia bici l’ho lasciata prima del fiume)
- c’era un tronco a metà strada che abbiamo dovuto scavalcare
- arrivati in prossimità della cascata, per scendere ti dovevi lanciare da alcune rocce scivolosissime. L’immagine della rottura del mio cranio e/o arti vari si palesava a poco a poco nella mia mente, fino a che Panos non mi ha praticamente preso in braccio per scendere
- al ritorno, una sana arrampicata per risalire
Dopo queste deviazioni ci siamo messi in marcia per Girona perchè mancavano ancora 40 chilometri. La prima parte era quasi in discesa, quindi abbiamo ripreso fiato. Dopo una quindicina di chilometri siamo passati per Amer, un paesino dove avevamo pensato inizialmente di dormire. Meglio Sant Feliu de Pallarolls.
Continuiamo abbastanza veloci, io comincio a pensare quasi di potercela fare fino alla fine.
Gli ultimi 10 km abbiamo perso sensibilità del nostro culo e cominciamo a capire perchè i ciclisti girano sempre con quelle armature strane. Girona si avvicina ma noi continuiamo a vedere solo boschi. Quando siamo a 1 km dalla città cominciamo a vedere esseri umani. E in men che non si dica (si fa per dire) arriviamo!
Sono le 15.30. Sudati ma felici, andiamo a celebrare con birrette e un pranzo alto livello al Pati de la Veina.
E al ritorno, in treno, cominciamo a programmare il prossimo percorso, la Ruta del Carrilet II, che va da Girona a Sant Feliu de Guíxols, al mare…
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