Ultimamente non ho scritto niente su questo blog, perché dopo questi bei viaggi che ci siamo sparati intorno ai vari continenti, sono ritornata nella vita reale, e ci sono ritornata senza un euro.

Ragion per cui adesso faccio non uno ma ben due lavori, entrambi al computer, quindi l’ultima cosa che voglio fare nel mio poco tempo libero (okay, magari una delle ultime) è riaccendere il computer e scrivere un altro post sulla filosofia del presunto viaggiatore. In verità ogni tanto lo faccio, dato che ho una serie di post in bozza che probabilmente non pubblicherò mai, a cui sapientemente aggiungerò questo che sto scrivendo.

È divertente rileggere come nella “missione”” di questo blog millanto cambi radicali di vita e addii per sempre alla vita aziendale, a cui sono ritornata strisciando 7 mesi fa.

Il mio tempo libero lo dedico per lo più a fare qualche trekking o passeggiata, qualche hobby qui e lì, ma soprattutto all’occasionale sbronza e al vedere i miei -pochissimi- amici.

E proprio la vita che faccio adesso mi fa ripensare a tutta questa storia della comfort zone.

Quante volte (o quante migliaia di volte) abbiamo sentito che per riscattarci nella nostra vita dobbiamo uscire dalla zona di comfort, affrontare il mondo là fuori, fare cose che non faremmo mai e (eccola lì) viaggiare?

Io personalmente l’ho sentita un milione di volte, perché i miei colleghi – ma anche no – viaggiatori AMANO sciacquarsi la bocca con queste parole, un 10% per automotivarsi e un 90% per far sentire a tutti gli altri che loro SÌ che hanno fatto il colpaccio, che sono usciti da questa comfort zone e si sono messi a viaggiare.

Stronzate.

Ognuno ha la sua zona di comfort (così pare), cioè uno spazio familiare, in cui si sente comodo e libero di essere se stesso, protetto nel suo ambiente e al sicuro. Normalmente questo spazio corrisponde alla propria casa, la propria città, la propria vita di tutti i giorni.

Dev’esserci qualche strano bug, ma per me la comfort zone funziona al contrario. Mi sento comoda e mi sembra di avere tutto sotto controllo solo quando sono in giro per il mondo, a progettare dove andare, a organizzare qualche avventura. Nel momento in cui sono a casa mi vengono a mancare dei punti fermi, l’adrenalina, lo spirito di scoperta. La mia zona di comodità mi vede in un treno che guardo fuori o nel momento in cui metto piede in una nuova città.

La mia vita di tutti i giorni mi mette continuamente a confronto con cose che non voglio affrontare. Una di queste sono le relazioni sociali. Perché bisogna vedere tutti, perché così spesso?