Si ha sempre l’idea che chi viaggia abbia una salute di ferro. Che sia forte mentalmente e fisicamente. Che abbia un coraggio encomiabile. A proposito di “coraggio”, credo che insieme a “coriandolo”, sia la parola che imparo subito in ogni paese dove vado.

Ovviamente non è così (altrimenti non ci scriverei un post).

Quando sono arrivata in Australia ho avuto un piccolo mancamento. Niente di nuovo. Atterriamo, comincio a sentire un disagio e a sudare con 5 gradi. Non mi sorprendo nè mi spavento. Prendo velocemente il bagaglio, esco dall’aereo e mi siedo per terra nell’area arrivi. Aspetto 15 minuti e passa tutto. Routine.

è una scena che capita spesso, in realtà. Mi è capitata in Cina e in un’altra manciata di paesi (spesso anche a casa mia in Europa).

Mi è capitato anche di stare malissimo con la febbre, di non vederci più, di avere strambi spasmi muscolari. In Argentina, dove gracias a dios non ero sola, Panos ha chiamato l’ambulanza perché non riuscivo a riprendermi. In Colombia, ho ringraziato la mia assicurazione sanitaria, perché mi è venuta una cazzo di infezione agli occhi che non passava più.

E non è finita.

Posso affermare senza troppe riserve che QUALSIASI volta faccio un tragitto in macchina o autobus con un minimo di curve mi sento malissimo e che ho il mal di mare appena vedo l’acqua. Praticamente tutti i trasporti che prendo mi vedono spesso in un angolo con la nausea aspettando che finisca.

E vogliamo dare una ripassata ai mezzi attacchi di ansia che ho a volte quando arrivo in un posto nuovo, quando mi perdo, quando me ne voglio andare, o alle volte in cui a causa di un minimo inconveniente occorso durante la giornata, e complice l’insonnia del jetlag, guardo tutta la notte il soffitto del mio ostello, chiedendomi perché non me ne sono stata a casa mia e promettendomi, anche se solo per un minuto, di non viaggiare più, o di viaggiare di meno, o insomma di darci un taglio con questo stile di vita un po’ movimentato?

Col tempo ho imparato che queste cose succedono sempre.
Mi sentirò sempre male quando arrivo in un posto e avrò sempre dei ripensamenti su questa o quell’altra cosa. L’importante è il momento successivo alla “tempesta”, magari qualche ora o il giorno dopo, in cui mi fermo a pensare e mi chiedo “ne è valsa la pena?”

La risposta è sempre sì.